Procedura di emersione per la regolarizzazione – Esclusione per gli stranieri extracomunitari condannati, anche con sentenza non definitiva, per uno dei reati previsti dagli artt. 380 e 381 del c.p.p. – Mancata previsione della valutazione concreta della pericolosita’ sociale.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 187 del 2011, proposto da: D.M., rappresentato e difeso dall'avv. Consuelo Feroci, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24; Contro Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr. dello Stato, domiciliata in Ancona, piazza Cavour, 29; Per l'annullamento del provvedimento emesso dalla Prefettura-UTG di Ancona Sportello Unico per l'Immigrazione prot. n. P-AN/2009/102689 con cui si rigetta la dichiarazione di emersione dal lavoro irregolare. Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno; Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2011 il dott. Gianluca Morri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Rilevato quanto segue in fatto e in diritto: 1. Il ricorrente, cittadino senegalese, impugna il provvedimento con il quale il competente Sportello Unico per l'immigrazione di Ancona, recependo il pedissequo parere negativo espresso dalla locale Questura, ha respinto la dichiarazione c.d. di emersione di cui all'art. 1-ter del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102 (presentata dal datore di lavoro dello stesso ricorrente). Il diniego si fonda sulla circostanza che il Sig. D. ha subito una condanna definitiva per il reato di cui all'art. 171-ter, comma 2, della L. 22 aprile 1941, n. 633, alla pena di mesi 8 e giorni 20 di reclusione ed € 2.200 di multa, per commercializzazione di opere protette dal diritto d'autore (in particolare 52 CD e 24 DVD privi del marchio SIAE, nonche' prodotti con marchi contraffatti quali borse «Prada» e «Louis Vuitton»). Tale reato rientra fra quelli che il comma 13 dell'art. 1-ter considera ostativi alla c.d. regolarizzazione, ed in particolare esso, in ragione della pena edittale prevista dalla norma incriminatrice, e' ricompreso fra quelli di cui all'art. 381 c.p.p. 2. Il provvedimento e' censurato sotto il profilo della violazione del principio di proporzionalita', nella parte in cui riconnette automaticamente l'impossibilita' di accedere alla c.d. sanatoria, alla condanna, anche con sentenza non definitiva, per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza imporre all'amministrazione di valutare in concreto la pericolosita' sociale del beneficiario dell'emersione. Il ricorrente deduce che cio' si pone in contrasto anche con i principi costituzionali, in quanto i suddetti articoli del codice di rito penale comprendono, tra gli altri, reati che, pur passibili in astratto di pene edittali significative, non creano in realta' allarme sociale. 3. A giudizio del Collegio, la condanna subita dal ricorrente risulta preclusiva ai fini della procedura di emersione, dovendosi ricondurre all'art. 381 comma 1 cpp, e tale preclusione opera automaticamente, senza che residuino margini valutativi discrezionali in capo alla pubblica amministrazione. Di conseguenza il ricorso andrebbe respinto. 4. Questo Collegio, tuttavia, dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 13, della L. n. 102/2009, nella parte in cui riconnette automaticamente l'impossibilita' di accedere alla c.d. sanatoria alla condanna, anche con sentenza non definitiva, peri reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza imporre all'amministrazione di valutare in concreto la pericolosita' sociale del beneficiario dell'emersione. 5. A questo riguardo (anche per ragioni di economia processuale) ritiene di far proprie le argomentazioni gia' esposte in analoga ordinanza di questo Tribunale (cfr. TAR Marche 11/05/2011 n. 282) adottata sulla scorta di quanto gia' ritenuto dal TAR Friuli Venezia Giulia nell'ordinanza 24 febbraio 2011, n. 100, con cui era stata sollevata la medesima questione di legittimita' costituzionale della norma in esame. 6. Va pertanto ulteriormente sollevata, per le ragioni che verranno in prosieguo evidenziate, la questione di legittimita' costituzionale della norma applicabile alla fattispecie (e cioe' l'art. 1-ter, comma 13, del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, convertito - con modificazioni - in L. 3 agosto 2009 n. 102, in relazione al reato di cui all'art. 171-ter, comma 2, della L. 22 aprile 1941, n. 633). 6.1 La rilevanza della questione deriva dalla circostanza che, vigente la norma nella sua attuale formulazione, il ricorso dovrebbe essere rigettato. 6.2 Quanto alla non manifesta infondatezza si osserva quanto segue. L'art. 1-ter, comma 13, per quanto qui rileva, dispone che «Non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari: a) ... b) ... c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice.». Il reato per il quale il ricorrente e' stato condannato vi rientra. Tuttavia pare al Collegio che la disposizione che inibisce la regolarizzazione dello straniero, in presenza di qualsivoglia tipologia di condanna che rientri negli artt. 380 e 381 c.p.p., senza che sia consentito all'Amministrazione di valutarne la rilevanza, in termini di pericolosita' sociale, contrasti col principio di ragionevolezza, proporzionalita' e di parita' di trattamento. Quanto al primo aspetto, si ritiene non risponda ai principi di ragionevolezza e proporzionalita' che la medesima, grave, conseguenza della non ammissione alla procedura di emersione (che, merita sottolinearlo, vale a rendere regolari soggetti che gia' vivono da tempo e lavorano nel territorio dello stato in condizioni di precarieta') colpisca, allo stesso modo, gli stranieri che hanno compiuto reati di rilevante gravita', e che generano allarme sociale, e coloro che - al pari del ricorrente - siano incorsi in una sola azione disdicevole, di scarsissimo rilievo penale, dovuta ad un oggettivo stato di bisogno e di disperazione, e avendo compreso il disvalore del proprio operato, abbiano in prosieguo tenuto una condotta di vita esente da mende. Ugualmente, pare violare il fondamentale principio di parita' di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione, riservare, con un automatismo che in piu' occasioni e' stato ritenuto costituzionalmente non corretto (sia pure con riferimento a fattispecie diverse da quella all'esame), la medesima sorte a soggetti che si sono bensi' resi colpevoli di azioni di rilevanza penale, ma profondamente diverse per gravita' e intensita' del dolo. Pur essendo pacifico, come la Corte Costituzionale ha piu' volte ribadito, che la disciplina della permanenza degli stranieri sul territorio dello Stato e' affidata alla discrezionalita' del legislatore, cui spetta il bilanciamento dei vari interessi in gioco, e' altresi' vero che tale discrezionalita' incontra il limite della ragionevolezza e proporzionalita', come riconosciuto dalla medesima Corte in numerose pronunce (sentenze n. 104 del 1969, n. 144 del 1970 e n. 62 del 1994). Il Collegio e' ben consapevole che la Corte ha dichiarato inammissibili o respinto questioni analoghe a quelle qui sollevate, ad esempio con riferimento all'automatismo che caratterizza il diniego di rinnovo di permesso di soggiorno in presenza di determinati reati (stupefacenti); ma non puo' esimersi dall'osservare che in altre situazioni (si veda, ad esempio, la decisione n. 180/08) ha ritenuto di dichiarare la non fondatezza delle questioni sollevate sol perche', medio tempore, la giurisprudenza (in alcuni casi) aveva fornito un'interpretazione piu' «morbida» della norma, e, in altri, lo stesso legislatore (in applicazione di norme o principi comunitari) ne aveva mitigato il rigore con nuove disposizioni, ad esempio prevedendo che, per i soggetti entrati con ricongiungimento familiare e/o per i soggiornanti di lungo periodo, l'Amministrazione non potesse respingere l'istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per la sola preesistenza di una condanna, ma dovesse valutare altri ed ulteriori elementi. A contrario, si puo' quindi ritenere che, tendenzialmente, il sistema rifiuti ogni automatismo, idoneo a generare ingiustizie e disparita', perche' contrastante con i richiamati principi di parita' di trattamento e di adeguatezza. In definitiva, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art 1-ter, comma 13, della L. 3.8.09 n. 102, il relazione al reato di cui all'art. 171-ter, comma 2, della L. 22 aprile 1941, n. 633, nella parte in cui dispone che non possono essere ammessi alla procedura di emersione tutti coloro che hanno subito condanna che rientri negli artt. 380 e 381 c.p.p., senza che sia consentito all'Amministrazione che istruisce il procedimento valutare la gravita' del reato, l'allarme sociale che lo stesso ha procurato, la condotta successiva tenuta dal soggetto; in una parola, la attuale pericolosita' di colui per il quale e' chiesta la regolarizzazione, per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita' e per violazione del principio di parita' di cui all'art. 3 della Costituzione. 7. In punto di fatto va solo aggiunto che l'odierno ricorrente e' stato condannato - nel 2009 - per avere venduto supporti audio e video privi del marchio SIAE oltre a merce con marchio contraffatto, ossia per un reato che ordinariamente non e' suscettibile di creare particolare allarme sociale. Per cui non e' da escludere a priori che, laddove la legge consentisse una valutazione caso per caso della concreta pericolosita' sociale, la competente Amministrazione avrebbe potuto pervenire ad una diversa conclusione del procedimento, previo accertamento dell'insussistenza di altre cause preclusive alla c.d. emersione. 8. Per le ragioni dianzi esposte, questo Tribunale solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, il relazione al reato di cui all'art. 171-ter, comma 2 della Legge 22 aprile 1941 n. 633, nella parte in cui esclude automaticamente l'accesso alla c.d. sanatoria in presenza di condanne, anche non definitive, per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza prevedere una valutazione della concreta pericolosita' sociale del lavoratore extracomunitario di cui e' chiesta la regolarizzazione. Il presente giudizio va quindi sospeso nelle more della decisione della Corte Costituzionale. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della L. 11 marzo 1953, n. 87;P.Q.M. A norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter del D.L. 1° luglio 2009 n. 78, convertito nella L. 3 agosto 2009, n. 102, in relazione al reato di cui all'art. 171-ter, comma 2 della Legge 22 aprile 1941 n. 633, nella parte in cui esclude automaticamente l'accesso alla c.d. sanatoria in presenza di condanne, anche non definitive, per i reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p., senza prevedere una valutazione della concreta pericolosita' sociale del lavoratore extracomunitario di cui e' chiesta la regolarizzazione, per violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita' e del principio di parita' di cui all'art. 3 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e dispone che, a cura della Segreteria, gli atti dello stesso siano trasmessi alla Corte costituzionale per la risoluzione della prospettata questione e che la presente ordinanza sia comunicata alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2011. Il Presidente: Passanisi L'estensore: Morri