IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 2853 del 2016, proposto da: *****, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Interlenghi, con domicilio eletto presso lo studio Maria Rita Minnucci in Roma, via Alanno N.26;
U.T.G. – Prefettura di Ascoli Piceno, Ministero dell’Interno, Questura di Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
della sentenza breve del T.A.R. MARCHE – ANCONA: SEZIONE I n. 00077/2016, resa tra le parti, concernente il diniego conversione del permesso di soggiorno stagionale in altro per lavoro subordinato, di cui al decreto del Prefetto di Ascoli Piceno 24 settembre 2015, ed il rigetto di rinnovo del permesso per attesa occupazione, di cui al decreto del Questore di Ascoli Piceno 16 ottobre 2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Ascoli Piceno e di Ministero dell’Interno e di Questura di Ascoli Piceno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e udito per la parte appellante l’avvocato Antonella Natale su delega di Renzo Interlenghi;
Sentita la stessa parte presente ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
1. Il cittadino pakistano meglio indicato in epigrafe, venuto a scadenza nel novembre 2014 il permesso di soggiorno per lavoro stagionale rilasciatogli dalla Questura di Cosenza (per un lavoro stagionale prestato a Cassano allo Ionio) e trasferitosi per motivi di lavoro a Grottammare (AP), con istanza del 7 febbraio 2015 chiedeva alla Questura di Ascoli Piceno il rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione e, a tal fine, rappresentava di aver ricevuto una proposta di lavoro da una azienda del settore agricolo operante in provincia di Ascoli Piceno, di cui forniva i relativi dati identificativi.
Pochi giorni dopo, inoltre, con istanza (mod. VB), presentata in via telematica il 20 febbraio 2015 al SUI presso la Prefettura di Ascoli Piceno, chiedeva l’autorizzazione per la conversione del permesso di soggiorno stagionale in altro per lavoro subordinato.
1.1. Ma con decreto 24 settembre 2015 n. 100161 (notificato il 7 ottobre 2015) il SUI presso la Prefettura di Ascoli Piceno, ritenuto che le osservazioni formulate dall’immigrato in esito al preavviso di rigetto non avessero fornito elementi risolutivi dei formulati rilievi , rigettava la domanda di conversione del permesso di soggiorno in questione, rilevandone il contrasto con la normativa vigente e con le direttive contenute nella circolare congiunta Min. Interno –Min. Lavoro del 22 dicembre 2014, n.7172.
In particolare il SUI contestava all’immigrato che non risultava provato il precedente periodo di lavoro stagionale, in quanto, mentre dalle verifiche eseguite al Centro per l’Impiego di Corigliano (CS) risultava la trasmissione dal SUI di Cosenza della comunicazione di assunzione stagionale dell’immigrato nel periodo maggio – settembre 2014, tuttavia dalla consultazione degli archivi INPS non risultava il versamento di contributi per il periodo in questione; analogamente dalla verifica dei dati presso l’Agenzia delle Entrate non risultava documentazione fiscale sul reddito da lavoro percepito nel corrispondente periodo di lavoro stagionale.
Inoltre (proseguiva il SUI di Ascoli Piceno) l’istanza di conversione era stata inoltrata telematicamente al Ministero dell’Interno solo il 20 febbraio 2015, ovvero quasi quattro mesi dopo il 7 novembre 2014, data di scadenza del permesso di soggiorno stagionale rilasciato dalla Questura di Cosenza.
1.2. Nello stesso periodo il Questore di Ascoli Piceno con decreto 16 ottobre 2015 respingeva l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno (mediante il rilascio di un permesso per attesa occupazione), impartendo, altresì, a carico dell’immigrato l’ordine di lasciare volontariamente il territorio italiano entro giorni 15 dalla notifica del provvedimento (avvenuta il 19 novembre 2015) .
Il Questore di Ascoli Piceno, in particolare, rilevava che l’immigrato non aveva titolo a continuare a soggiornare in Italia, avendo il SUI di Ascoli Piceno già respinto con decreto del 24 settembre 2015 l’istanza presentata dall’interessato per convertire il permesso per lavoro stagionale in permesso per lavoro subordinato.
1.3. Avverso entrambi i provvedimenti sfavorevoli l’interessato presentava ricorso al TAR Marche, che con sentenza semplificata n.77/2016 lo ha respinto, ritenendo che l’istanza di conversione del permesso di lavoro stagionale non poteva essere accolta, in quanto si trattava di un titolo ormai scaduto “dovendosi, in tal caso, parlare di rinnovo dello stesso titolo o di rilascio (ex novo) di un titolo diverso”; ad avviso del giudice di primo grado, inoltre, “in caso contrario verrebbe incentivata la permanenza clandestina di cittadini extracomunitari sul territorio nazionale allo scopo di facilitare l’acquisizione di un nuovo titolo dopo la scadenza del precedente”.
1.4. Avverso la sentenza del TAR Marche l’interessato ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma, previa, sospensione, con due articolati motivi che, in pratica, ripropongono le censure dedotte in primo grado.
In particolare l’appellante contesta, da un lato, la addebitata tardività della domanda di conversione del permesso di lavoro stagionale in permesso di lavoro dipendente, in quanto presentata dopo la intervenuta scadenza del permesso per lavoro stagionale, e, dall’altro, la asserita inesistenza del lavoro stagionale svolto dal maggio al settembre 2014.
In data 6 luglio 2016 il difensore dell’appellante (che risulta ammesso al patrocinio a spese dello Stato con decreto della competente Commissione del Consiglio di Stato n.87/2016) ha depositato la nota delle spese di lite, computandole in euro 2.197,00 oltre gli accessori di legge.
1.5. Per le Amministrazioni intimate si è costituita in giudizio (con atto di mera forma) l’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto il rigetto dell’appello.
Alla camera di consiglio del 7 luglio 2016, fissata per la trattazione dell’istanza di sospensione della sentenza appellata, la causa è passata in decisione, avvisando i difensori presenti che la controversia poteva anche essere decisa direttamente nel merito.
2. Quanto sopra premesso in atto, in diritto la controversia concerne, da un lato, la mancata conversione del permesso di soggiorno stagionale in permesso di soggiorno per lavoro dipendente disposta dal SUI presso la Prefettura di Ascoli Piceno e, dall’altro, il connesso diniego di rilascio di un permesso per attesa occupazione.
L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
2.1. In primo luogo occorre considerare che, in tema di presentazione della domanda di conversione del permesso di soggiorno stagionale in altro subordinato per lavoro dipendente, l’art 24 del D. LGS. n.286/1998 va coordinato con l’art.5, comma 4, che prevede l’obbligo di rinnovo del permesso di soggiorno entro i 60 giorni dalla scadenza;
Tuttavia, alla luce di una interpretazione sistematica e della giurisprudenza consolidata di questa Sezione ( vedi CdS n. 372/2016 ex multis), a tale termine va riconosciuta natura non perentori, ma sollecitatoria, in quanto, da un lato, l’art. 5, comma 4, del D.LGS. n. 286/1998 (nel prescrivere che il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere chiesto almeno 60 giorni prima della scadenza) non contempla alcuna sanzione in caso di mancato rispetto del termine medesimo, mentre, dall’altro, è noto che le disposizioni di natura preclusiva sono di stretta interpretazione e, quindi, in mancanza di espresso richiamo, non possono essere applicate per analogia.
2.2. Inoltre, quanto ai lavoratori stagionali immigrati, va considerato che il DPCM 11 dicembre 2014 (che dispone la programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel 2014) ha previsto la possibilità di chiedere la conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato anche in occasione del primo ingresso del lavoratore stagionale e che con circolare del 22.12.2014 (a firma congiunta) il Ministro del Lavoro ed il Ministro dell’interno hanno confermato che l’immigrato, entrato nel territorio nazionale come stagionale, può chiedere la conversione del permesso di soggiorno senza necessità di rientrare nel paese di origine, purché il lavoratore stagionale sia stato regolarmente assunto e sussistano i requisiti per l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro (cioè una proposta di assunzione) .
2.3. Inoltre, con riferimento all’ulteriore requisito consistente nella sussistenza delle condizioni previste dal richiamato art 24 del D.LGS. n. 286/1998, dagli atti risulta il dato, non contestato, che, all’epoca della istanza dell’immigrato, le quote dei flussi stabilite per l’anno erano state utilizzate solo per il 21,8% del totale previsto.
Infatti la validità del citato DPCM 11 dicembre 2014, in materia di programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali nel 2014, era stata prorogata fino al 31 dicembre 2015 a causa della riscontrata ridotta utilizzazione delle quote programmate.
2.4. In secondo luogo, poi, passando alla asserita mancata prova dell’effettività del rapporto di lavoro stagionale svolto dall’immigrato, dagli atti si desume che l’immigrato, entrato in Italia regolarmente nel maggio 2014 con un visto per lavoro stagionale, ottenne il relativo permesso di soggiorno dalla Questura di Cosenza il 22 maggio 2014 e fu assunto dalla ditta *** (titolare un cittadino pakistano), con sede in contrada Santa Venere, Cassano allo Ionio, come operaio agricolo qualificato per un periodo di quattro mesi (con retribuzione mensile variabile tra i 650 e gli 800 euro).
Del contratto di lavoro il datore di lavoro dava regolare comunicazione all’INPS, trasmettendo il modulo UNILAV.
Pertanto, visti gli atti, il Collegio ritiene che la comunicazione UNILAV trasmessa dal datore di lavoro di Cassano Ionico sia elemento sufficiente a documentare esistenza effettiva di rapporto di lavoro stagionale tra l’immigrato e la ditta Nice Hope nel periodo maggio-settembre 2014, mentre il mancato versamento dei contributi per tale periodo (rilevato dal SUI di Ascoli Piceno), più che costituire un ragionevole indizio della inesistenza del rapporto di lavoro stagionale, configura un inadempimento agli obblighi di contribuzione da parte del datore di lavoro e certamente non è addebitabile all’immigrato .
2.5. In conseguenza, considerato che l’appellante percepiva il salario in contanti, senza consegna di busta paga, la mancanza di contribuzione a suo favore in corrispondenza a tale attività lavorativa, in se stessa considerata, è elemento idoneo a comprovare soltanto la irregolarità del rapporto sotto il profilo previdenziale e contributivo, mentre, specularmente, non è sufficiente a dimostrare la mancata effettività della prestazione di lavoro.
2.6. Per analoghe ragioni, ai fini della dimostrazione del possesso di un reddito minimo, risulta non significativa il mancato reperimento presso l’Agenzia delle Entrate di documentazione fiscale a nome dell’immigrante, visto che il datore di lavoro gli corrispondeva in contanti il salario mensile, oscillante tra i 650,00 e gli 800,00 euro, mentre è evidente che la comunicazione UNILAV in possesso dell’Amministrazione è idonea a far piena prova dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa e, quindi, rappresenta un più che ragionevole indizio della percezione da parte del lavoratore del corrispondente reddito, proveniente da fonte lecita, posto che (secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione) il lavoro dipendente, pur se prestato in nero, cioè in violazione degli obblighi di contribuzione da parte del datore di lavoro, rimane pur sempre una fonte lecita di sostentamento del lavoratore.
D’altra parte la stessa circolare Min.Interno – Min.Lavoro 22 dicembre 2014, n. 7172 (richiamata nei provvedimenti impugnati), quale mezzo di verifica della posizione lavorativa pregressa dell’immigrato, richiede esclusivamente il deposito delle comunicazioni obbligatorie UNILAV, mentre tra gli oneri a carico del lavoratore non menziona la prova dell’effettivo pagamento degli oneri previdenziali relativi alla prestazione lavorativa, che restano un obbligo a carico del datore di lavoro.
2.7. Pertanto, il decreto del SUI di Ascoli Piceno 24 settembre 2015 (che non ha autorizzato la conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in quello per lavoro dipendente) va annullato ai fini del riesame alla luce delle osservazioni esposte ed, in conseguenza, va annullato anche il decreto della Questura di Ascoli Piceno 16 ottobre 2015, che, sul presupposto del suddetto diniego di autorizzazione del SUI di Ascoli Piceno, ha respinto la domanda di rinnovo del permesso per attesa occupazione ed ha disposto, altresì, che l’immigrato si allontanasse dal territorio nazionale entro giorni 15 dalla notifica del provvedimento (perfezionatasi il 19 novembre 2015).
3. In conclusione l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza semplificata in epigrafe, il ricorso di primo grado va accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento del SUI di Ascoli Piceno 24 settembre 2015, n. 100161, e del decreto del Questore di Ascoli Piceno A12/2015 del 16 ottobre 2015 ai fini del riesame, per quanto di rispettiva competenza.
Le spese di lite seguono la soccombenza e, pertanto, per entrambi i gradi di giudizio, sono poste a carico del Ministero dell’Interno e (vista la nota spese depositata per il giudizio di secondo grado dal difensore dell’appellante, che si avvale del patrocinio a spese dello Stato), sono liquidate in complessivi euro 2.500,00, oltre gli accessori di legge .
Quanto alle spese liquidate a favore dell’appellante, si precisa che il Collegio, nel liquidare le spese indicate nella notula depositata dal difensore, ha espunto l’importo di euro 381,00 corrispondente alla voce “fase decisionale”, posto che la controversia, trattata in camera di consiglio l’istanza cautelare, è stata decisa direttamente nel merito.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza semplificata in epigrafe, accoglie il ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento del provvedimento del SUI di Ascoli Piceno 24 settembre 2015, n. 100161, e del decreto del Questore di Ascoli Piceno A12/2015 del 16 ottobre 2015, ai fini del riesame per quanto di rispettiva competenza.
Pone le spese di entrambi i gradi di giudizio a carico del Ministero dell’Interno e le liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre gli accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016